9 Ottobre 2023
60 anni fa, il 9 ottobre 1963, si staccò dal monte Toc un’immensa frana che, rovesciandosi nel lago artificiale sottostante (formato dal torrente Vaiont, un affluente del Piave, sbarrato da una diga) provocò un’enorme ondata che sommerse l’abitato di Longarone (provincia di Belluno), nonché Erto e Casso Ci furono circa 2mila vittime.
La diga era stata costruita negli anni precedenti dal monopolio privato dell’energia elettrica (la SADE) che operava nel Nordest del Paese (Veneto) analogamente alla Edison che agiva nel Nordovest. Proprio nel 1963 quelle società furono nazionalizzate e costituirono l’ENEL.
La diga fu costruita ignorando (non tenendo conto) della natura friabile delle montagne circostanti, anzi facendo tacere gli allarmi dei contadini abitanti nella zona che vedevano aprirsi pericolose crepe e fenditure. Furono redatte perizie compiacenti per nascondere il problema e favorire gli interessi della SADE.
Una coraggiosa nostra compagna, Tina Merlin, giornalista dell’Unità e che era stata una donna della Resistenza, aveva denunciato il pericolo, ma fu ignorata dalle autorità competenti. Anche dopo la tragedia Tina Merlin si batté sul quotidiano comunista per denunciare le responsabilità, seguendo la vicenda anche con un libro, intitolato “Sulla pelle viva”.
Solo nel 2.000, ben trentasette anni dopo, ci fu un risarcimento ai parenti delle vittime. Nei processi penali ci furono solo condanne a due ingegneri per “inondazione aggravata”, senza toccare i padroni della “SADE”.
A tanti anni di distanza, la situazione delle infrastrutture del nostro Paese non è migliorata, ma peggiorata. Basti pensare, per fare un esempio, al crollo del ponte Morandi, provocato dalla mancata manutenzione, mentre i gestori delle autostrade hanno intascato lauti profitti, o allo stillicidio delle morti sul lavoro.
Le classi dominanti, pur di fare profitti, hanno passato e passano tranquillamente sulla vita delle persone.
Giuseppe Abbà.